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lunedì 22 febbraio 2016

Delfinoterapia: un po' di storia.

Più comunemente conosciuta come “delfinoterapia”, la DAT (Dolphin assisted therapy) sfrutta il beneficio che il contatto con i delfini può portare a persone portatrici di handicap.
Questo nuovo tipo di terapia assistita nacque negli anni settanta, da un’idea dei ricercatori Betsy Smith e David Nathanson, i quali ipotizzarono che attraverso l’interazione con i delfini (animali allegri e giocosi per natura), si potessero migliorare la qualità della vita e la risposta alle cure dei pazienti malati.
In particolare, Betsy Smith, lavorando prevalentemente con ragazzi autistici, ha rilevato che l’incontro con i delfini rendeva i ragazzi più attivi nei contatti interpersonali e nelle attività didattiche proposte. In alcuni casi, nel corso della terapia, si sono stabilite vere e proprie amicizie tra i ragazzi, fatto molto inusuale in chi soffre di tale patologia.
Nathanson ha invece testato l’efficacia della delfinoterapia con sei bambini con ritardi di varia natura, che, sottoposti alle stesse prove (riconoscere un oggetto e pronunciarne correttamente il nome, o riconoscere una parola scritta, a seconda del livello raggiunto) con i delfini o senza, una volta a settimana per un periodo di 6 mesi. Le differenze percentuali di risposte esatte si sono dimostrate molto significative: in presenza dei delfini infatti, sono aumentate di oltre il 50%. Come spiegazione a questi risultati, il dottor Nathanson, ipotizzò che l’efficacia della DAT era da ricercarsi nelle variazioni di alcune onde cerebrali (sebbene non sia chiaro come queste variazioni vengano indotte), che denoterebbero soprattutto una notevole riduzione dello stress.







Ilaria



Fonti:
http://www.itaca-pet-therapy.com/files/Delfinoterapia.pdf
http://www.itaca-pet-therapy.com/articoli-e-saggi.html


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