La pet-therapy viene utilizzata per affiancare pazienti con diverse disabilità e deficit; un esempio, di cui parleremo oggi, è la sindrome di Alzheimer.
Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che attacca in modo aggressivo la memoria del soggetto, più la malattia è a uno stadio avanzato più le informazioni che vengono smarrite sono numerose.
I soggetti che soffrono di questo morbo sono più inclini ad aggressività e a isolamento.
Abbiamo già visto come la compagnia di un animale può portare a grandi benefici; lo stesso vale per i soggetti con Alzheimer, come illustrato in una ricerca condotta dall’università di Tolosa che ha dimostrato come la compagnia di un cane o di un gatto abbia effetti positivi sul deficit trattato, diminuendo l’irritabilità, l’aggressività, l’ansia, le allucinazioni e l’insonnia, arrivando anche a ridurre i suddetti effetti dell’80%.
I benefici che derivano dal rapporto uomo-animale sono molteplici e dipendono dal fatto che il soggetto malato non riporta alla mente ricordi, immagini o pensieri negativi; vantaggi si riscontrano anche sul piano fisiologico, poiché è stato mostrato che il portare a passeggio il cane, dargli da mangiare, spazzolarlo e accarezzarlo portano ad un abbassamento della pressione sanguigna e ad un rallentamento della frequenza cardiaca.
Attraverso questi stimoli di tipo sensoriale si può notare un miglioramento dell’umore e una partecipazione alla conversazione in modo più coerente rispetto al contesto e al destinatario.
Le razze canine più indicate per pazienti con Alzheimer sono i Labrador e i Setter, per il comportamento paziente e attento ai bisogni dell’amico umano.
Questa tipologia di terapia, però, non può essere adottata per tutti.
Infatti è adatta solo per quei soggetti la cui capacità di memoria non è stata del tutto compromessa, questo per far sì che si riesca a instaurare un rapporto emotivo tra uomo e animale.
La mente, purtroppo, a volte, può giocare scherzi crudeli con la nostra memoria, andando ad intaccare i nostri ricordi del passato, avere un amico speciale che aiuta a non smarrire le proprie memorie attraverso un po’ di coccole e qualche scondinzolata è un modo molto piacevole di non dimenticare… o non del tutto.
Chiara
Fonti:
www.community.iwatson.com
Carbone G., Tonali.A “Invecchiamento cerebrale, demenze e malattia Alzheimer: una guida informativa per i familiari e gli operatori”, Franco Angelini, Milano 2007.
Mc Williams (1994) “La diagnosi psicoanalitica”, Astrolabio, Roma 1999 (traduzione Ita)
Nessun commento:
Posta un commento