Parlare di “pet-therapy” con i rapaci appare ancora molto prematuro, infatti secondo le norme del ministero della Salute la cosiddetta “pet therapy” può essere fatta solamente con gli animali domestici, e quindi i rapaci, essendo considerati animali selvatici, ne sono automaticamente esclusi.
Tuttavia, esistono delle iniziative didattiche di avvicinamento e relazione con il rapace appositamente pensate per permettere alle persone portatrici di handicap di relazionarsi con questi magnifici animali.
Il lavoro che viene svolto con i rapaci dipende molto dal contesto in cui avvengono gli incontri, dalle problematiche fisiche/psichiche che presenta la persona e soprattutto dal rapace stesso. Possono infatti svolgersi degli incontri in cui il rapace viene semplicemente toccato e accarezzato, oppure viene posto sulla spalla della persona, fino ad arrivare ad una piccola dimostrazione di volo “al pugno” (termine usato per indicare quando il rapace viene chiamato dalla persona a distanza e questo vola e si appoggia sul guanto del falconiere ndr).
Generalmente però il lavoro procede gradualmente, iniziando da un primo approccio “statico” in cui il rapace viene semplicemente toccato, per passare successivamente ad una richiesta di coinvolgimento tra la persona e il rapace più intenso e complesso, che si richiede in un’occasione di volo libero.
Parlando invece di differenze in relazione alle specie che sono considerate più idonee per questo tipo di lavoro, la titolare dell’allevamento Hieramatra ,Luce, ci spiega: “sicuramente i rapaci notturni sono più indicati in quanto più tranquilli, io per esempio consiglierei un barbagianni o un gufo africano, che per la loro docilità e la loro morbidezza al tatto sarebbero molto più indicati rispetto ad un rapace diurno, soprattutto per quanto concerne la prima fase di manipolazione del rapace. Comunque ogni soggetto è a sé, anche le poiane di Harris sono molto docili e addestrabili, ma essendo diurne, sono molto più reattive”.
Per quanto riguarda le motivazioni che spingono le persone o i familiari ad avvicinarsi a questi animali si indica per lo più la speranza di vedere il proprio caro stupirsi davanti ad un animale così magnifico e “insolito” come un rapace. A questo proposito ci viene raccontato l’episodio di come un ragazzo con una forma di autismo abbia dimostrato, in occasione dell’incontro con il rapace, un coinvolgimento e un interesse che non aveva mai mostrato prima.
Nonostante questo però bisogna sempre considerare che questi sono animali selvatici, e in quanto tali non saranno mai facilmente considerati o scelti per degli interventi propriamente detti di pet–therapy come avviene oggi per quelli più comuni (come cani, gatti, conigli etc.).
Ilaria
Fonti:
Testo tratto da un colloquio fatto con la titolare dell'allevamento di rapaci Hieramatra Luce Busca.
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